L'immagine politica di Riccardo Illy, dapprima industriale del buon caffé, quindi buon sindaco di Trieste e oggi governatore del Friuli-Venezia Giulia, è di prima grandezza. Alla guida della società civile di una regione di frontiera, affacciata ad est, dove tutto accade tumultuosamente mentre il resto del nostro paese rifiuta il mondo che cambia, Illy ha riscattato per la sua città il ruolo di nuovo faro mitteleuropeo che illumina l'Adriatico.
Per questo dal suo libro mi aspettavo di più. Il tema è fin troppo attuale: come affrontare la globalizzazione e non restarne succubi. Lo svolgimento è però banale, farcito di luoghi comuni. L'analisi della situazione italiana pecca di troppo vistose omissioni. Qualche timido sprazzo sui sindacati, ma lontano dalla lucidità di Ichino. Lieve sulla burocrazia. Mafia mai. Il prode Riccardo indulge poi eccessivamente nell'autocompiacimento del ma come sono bravo. La soluzione proposta non ha spessore alcuno. Non è certo commercializzando la mollezza del senso estetico della qualità della vita che abbatteremo la muraglia commerciale cinese.
Può fare di meglio. Un'occasione perduta. Quel dommage.
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