PRENDRE PARTOUT
METTRE CHEZ-NOUS
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29 aprile 2009

"volontario" significa "volontario"

facciamo pure una legge per dare due ergastoli, anzi quattro, a chi ha messo sabbia di mare e ferro della mutua nelle case di L'Aquila, quattro a chi non ha controllato chi doveva controllare gli estintori alla Thyssen, quattro a chi ha commesso altre nefandezze di cui i giornali sono ormai pieni.
Signori giudici, smettiamola però di definirli "omicidi volontari". Sono peggio, d'accordo, ma non "volontari", per favore. La gara a chi la spara più grossa non aiuta la giustizia.
Se l'italiano significa ancora qualcosa.

28 aprile 2009


preoccupante:

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http://attivissimo.blogspot.com/2009/04/quando-il-corriere-riscrive-il-passato.html

due pesi, due misure
condannato di qua
assolto di là...

Su La Stampa (pagine locali) di oggi un articolo interessante, anzi, di più. Da leggere con attenzione cliccando sulle due immagini (inizio e conclusione). Questo buontempone è stato assolto dal tribunale (nessun reato) ma condannato dalla Corte dei Conti. E' possibile avere contemporaneamente ragione e torto? Essere contemporaneamente innocenti e colpevoli?
Non sarà che in questo paese c'è davvero qualcosa che non funziona? Che in perverse interpretazioni, in mano ai legulei e azzeccagarbugli, lo Statuto dei Lavoratori si trasformi ogni tanto nello Statuto dei Fagnán?
Non vorremmo tutti che La Stampa interpellasse i sindacati e pubblicasse la loro posizione in proposito?
Al tanto vituperato (in Valle) Ministro Brunetta, vogliamo riconoscere un cicinín di ragione?
Toteun...

27 aprile 2009

chi detiene i diritti del XXV aprile?

Da ragazzo papà mi portava ogni anno alla commemorazione della battaglia di Cogne (2 novembre 1944). Gli ex-partigiani della banda "Arturo Verraz" ricordavano quanto era avvenuto e chi non ce l'aveva fatta. Un incontro tra amici, senza dépliant, trombodiscorsi né foto sui giornali. Attizzato dall'annuale cancan su chi abbia brevettato il 25 aprile, ho ritrovato questa foto, datami anni fa da Marino Pasquettaz: 1945, la prima commemorazione. Non tutti parteciparono. "Mentre noi ci facevamo la foto a Cogne, credendo di avere vinto la guerra, qualcuno era rimasto ad Aosta con chi vinceva la pace" diceva mio padre.

23 aprile 2009

botta e risposta sui massimi sistemi

Federalismo: "..."fanculo, Brunetta, ne assumo quanti mi pare!"
Brunetta: "Bastardo!"

22 aprile 2009

E' l'ora in cui la turistica Aosta
ha già messo a nanna tutti i ristoratori.

Nella notte del lungo Tevere
carciofi da Perilli al Flaminio.

Alla romana fantastici, alla giudìa sublimi.

20 aprile 2009

atrazina e Casinò
(Napoli chiama Saint-Vincent)

atrazina
Nel 1988 a Napoli l'acqua del rubinetto non era più potabile. Conteneva atrazina (un erbicida) in misura superiore al livello massimo ammesso dalla legge.
Carlo Donat Cattin, Ministro della sanità, risolse brillantemente per decreto: moltiplicò per 10 (dieci…) la quantità di atrazina consentita. L'acqua, miracolo della politica, restò velenosa ma ridiventò potabile!

A Saint-Vincent, anni '50, il gestore del Casinò (all’epoca un privato) si teneva il 20% degli incassi (l'atrazina) e versava l'80% alla Regione. E ci guadagnava. Per anni e anni le cose non cambiarono gran che. Ma dopo la testardaggine del 1990 (l'appalto, tugno, non voleva capire chi doveva vincere), nel 1993 la Regione decise di gestire più o meno direttamente la casa da gioco.
Da allora il Casinò perde. Ecco perché gli interventi "all'atrazina".

Il ragionamento: "Hai incassato 100 milioni di euro? Me ne devi dare, secondo il disciplinare, il 75% e tenertene il 25%. Così però il tuo bilancio va sotto di 10 milioni? Bene, per quest'anno ti copriamo il disavanzo in Consiglio regionale, ma siccome non ci facciamo bella figura, stabiliamo subito che dall'anno prossimo non ci darai più il 75%, ma solo il 65%, così il tuo bilancio andrà in pari. Ma tu fai il bravo, metti a posto la gestione…".
Però, man mano che il Consiglio riduceva la percentuale dovuta alla Regione, i costi crescevano in proporzione (variando l'ordine dei mal-fattori il prodotto non cambia). Fu quindi periodicamente necessario, pour remettre les pendules à l'heure, diminuire ulteriormente la percentuale. Il giro si ripeteva e si è così arrivati, nel corso degli anni, al punto che la Regione riceve oggi solo il 40% degli incassi.

Non basta, ora ci risiamo.
Da quanto scrive La Stampa sabato la nuova linea del Piave sarebbe ormai il 20% alla Regione e l'80% alla gestione: "Prelevando solo il 20%, signori consiglieri, avremo un Casinò inutile (oops, “in utile”)."
Torneremo così ai numeri magici 80 e 20. Salvo che una volta l'80% andava alla Regione, ora andrà alla gestione.

Finché funzionerà...

17 aprile 2009

dizionarietto di politichese: "in-house"

in-house ['inhaus] agg e avv. interno (alla ditta, allo stabilimento ecc.). (Garzanti inglese-italiano)

Non vi è certo sfuggito che nei giorni scorsi il Consiglio regionale, stanziando 42 milioni di euro, ha approvato una legge per acquistare il 22,45% di Finaosta SpA e portare così la quota regionale al 100%, trasformandola in una società in-house.
La Stampa di mercoledì aveva anticipato la notizia, "spiegandola" ai valdostani in stretto politichese:
«La Regione ha fatto questo passo perché il diritto comunitario e quello nazionale non permettono di assegnare la gestione di servizi senza ricorrere al mercato, a meno che la realtà in questione non sia al 100 per cento pubblica e che il committente non eserciti un "controllo equivalente", vale a dire come quello che esiste sui propri uffici» (pag. 56, Sandro Camera).
Traduzione in italiano:
«La Regione ha fatto questo passo perché in questo modo non è più tenuta a fare regolari appalti sui prodotti e i servizi che affiderà a Finaosta».

Nel dibattito in aula il tema è stato elegantemente sfiorato da Andrea Rosset («...mi riferisco, tra l'altro, a servizi che potranno essere affidati senza ricorrere alle gare», ha dichiarato), mentre, sempre secondo La Stampa del giorno dopo (pag. 48, Giampaolo Charrère): «E’ un provvedimento doveroso - ha detto il capogruppo PDL Massimo Lattanzi parlando dell’intera operazione - con una valenza amministrativa e non politica».
Il fatto che un'acquisizione patrimoniale (per giunta di 42 milioni di euro dei contribuenti) non abbia valenza politica è una assoluta innovazione dottrinale. Quando poi essa serve a sottrarre una società ai vincoli del mercato, definirla "amministrativa" o "tecnica" è due righe difficile. Il fatto che lo faccia l'opposizione, annunciando il suo voto a favore, è a dir poco esilarante.
E poiché di politica si tratta, il tema avrebbe meritato un approfondimento sulla società e sulle sue attività, distinguendo quelle "caratteristiche" da quelle "atipiche" (non previste dallo statuto), da quelle infine della cosiddetta "gestione speciale". Sul riordino di questa complessità di Finaosta sarebbe forse stato il momento per intervenire efficacemente, meglio giustificando l'appoggio al provvedimento.
Più disincantato, al solito, venendo al sodo Claudio Lavoyer nel suo intervento ha dichiarato realisticamente: «il controllo della Regione su Finaosta esiste già». Come dire, perché tutto 'sto casino? tanto non cambia niente...
Lavoyer ha ragione, peccato che tutto 'sto casino costi 42 milioni di euro.

12 aprile 2009


Pasqua porterà consiglio

ma non porterà Giunta
oro non porta a Oropa
euro non porta in Europa

8 aprile 2009


e se da questa sera
il "ni gauche, ni droite"
si trasformasse in
"ni gauche, ni gauche?"

6 aprile 2009

Elezioni europee: prove politiche di trasmissione

Da diverso tempo i media valdostani pubblicano appelli dei Consiglieri regionali del PDL all’Union Valdôtaine affinché riveda il quadro delle sue alleanze. Nel caso di una sterzata a destra, dicono, in favore del Popolo delle Libertà, essi s’impegnerebbero a favorire e rendere più proficui per il Governo regionale i rapporti con quello centrale.
In stretto politichese, l’unica risposta del Conseil Fédéral UV è stata sinora il mandato ai suoi massimi rappresentanti di fare il possibile perché la Valle d’Aosta possa finalmente avere un suo rappresentante a Bruxelles. Vediamo se stasera il Conseil si pronuncerà più chiaramente.

Le candidature per il Parlamento europeo, il modo in cui avverranno le scelte di partiti e movimenti e le relative dichiarazioni ufficiali costituiranno perciò un’importante cartina di tornasole. Esistono reali e concrete intenzioni dell’Union Valdôtaine di ridiscutere le sue alleanze? Rischierebbe l’UV problemi di tenuta interna, considerata l’âme gauchiste che da sempre la caratterizza? L’emorragia verso Renouveau e Aoste Vive (il Galletto) ha spostato in modo così sostanziale i rapporti tra le componenti di sinistra e di destra al suo interno? L’apparente luna di miele tra alcuni esponenti unionisti e alcuni Consiglieri regionali del Popolo delle Libertà sboccherà in una presa di posizione ufficiale UV a favore del PDL?

Sul fronte del Popolo delle Libertà, caratterizzato da un prevalente voto d’opinione, estraneo in Valle alle reti d’interesse clientelistico personale, gli elettori sarebbero favorevoli ad un accordo con l’UV oppure preferirebbero proseguire la pur faticosa traversata nel deserto fino alla terra promessa dell’alternanza? Non è forse l’alternanza uno dei valori fondamentali sostenuti e realizzati dal PDL nel nostro Paese? Non cozza essa duramente con il dividi et impera implicito nel precetto “ni droite ni gauche”? Alternanza può avere qui da noi significati diversi da “alternativa all’UV”?

Su un piano più realistico si possono avanzare più ipotesi.

Scenario uno (vive da solo o, a scelta, con uno qualsiasi dei tre successivi): l’UV dichiara ufficialmente e inequivocabilmente, prima delle elezioni europee, che il PDL entra, o entrerà subito dopo, quale che sia il risultato, nella compagine di maggioranza in Regione. E’ possibile? Che succederebbe nell’elettorato dell’UV?
Scenario due: l’UV non presenta una propria lista ma concorda di inserire un candidato unionista nella lista del PDL, e stringe un accordo di scambio di preferenze con un candidato PDL di fuori valle. Come sarebbe percepito dall’elettorato valdostano del PDL? Seguirebbe l’indicazione, votando per un unionista? Se così non fosse, non ci sarebbe il rischio di sentirsi dire, dopo le elezioni: “la gente, gli elettori non hanno capito, i tempi non sono maturi…?”. Quanti unionisti voterebbero una compagine con Silvio Berlusconi capolista?
Scenario tre: l’UV propone al PDL valdostano di “desistere” non presentando un proprio candidato e di votare il candidato unionista di una lista unionista, in cambio di un mutato futuro atteggiamento. Fantapolitica.
Scenario quattro: è l’UV a “desistere”, invitando il proprio elettorato a votare per un candidato del PDL valdostano. Esiste un tale candidato? Come per lo scenario uno, sarebbe realistico tutto ciò? Che farebbero gli elettori unionisti?
Scenario cinque: le ipotesi da uno a quattro vengono tutte scartate, per cui alla fine si va come al solito, ognuno con il suo candidato, ognuno diverso, promettendosi reciprocamente durante le trattative che, se non si calca troppo la mano durante la campagna elettorale al punto di compromettere i rapporti, poi si vedrà. Domanda: le garanzie?

Negli scenari, sostituendo la Lega al PDL, poco cambia, ma sorgerebbe spontanea la domanda: "dove stanno i voti per andare in Europa?". Con uno spruzzo di apparentamenti la musica non cambierebbe poi molto. Di possibili accordi con il PD e Galletto non si ha più notizia.

Il prossimo futuro si annuncia perciò assai interessante. Speriamo solo che tutto si svolga nella massima chiarezza e trasparenza e gli elettori possano perciò esprimere alle europee un consenso responsabile e informato.

voip, noip e lorop



L'ultima rivoluzione dei cellulari: telefonate gratis su internet. Il vostro operatore telefonico non è contento...

l'esistenza dell'ordine dei giornalisti
pone l'Italia in una situazione quasi unica
nel mondo occidentale

L'esistenza stessa dell'Ordine dei Giornalisti costituisce una minaccia alla libertà di parola e di espressione. Lo sostiene Silvio Boccalatte, avvocato e fellow dell'Istituto Bruno Leoni, nel Focus "Fanno silenzio e lo chiamano Ordine (dei giornalisti)".

Anticostituzionale?

Vale la pena di approfondire qui.

5 aprile 2009


il casino non sta tanto nei troppi poteri forti,
il problema sono i quattro poteri fortissimi.

3 aprile 2009

Cossard facit saltus
superata la relatività generale
Einstein ormai obsoleto

la relatività generale di Einstein aveva dimostrato che a velocità relativistiche si può distorcere lo spazio-tempo.
Ieri l'assessuastronomo Guido Cossard, nella sua conferenza stampa sul campo scuola di atletica di corso Lancieri, ha dimostrato che, a lentezza da Comune di Aosta, si può addirittura distorcere la realtà.
Albert Einstein formulò dapprima la teoria della relatività speciale e solo successivamente quella della relatività generale.
Cossard fa progredire oggi la scienza fino alla relatività comunale.
Un grande.

Qui sotto l'odierna comunicazione scientifica della rivoluzionaria teoria della relatività comunale. Al primo che indovinerà almeno due delle "distorsioni" contenute nelle dichiarazioni dell'astroassessore sarà inviato in omaggio il DVD del film di Mel Brooks "Balle spaziali" più un libro di Guido Cossard, al secondo classificato due libri, al terzo classificato l'intera produzione letteraria dello scienziato (4 libri 4).

1 aprile 2009

affettuosa nostalgia dei pedagoghi d'antan
(lo facevano per il nostro bene)

Qualche giorno fa, la notizia della morte del maestro Bortolo Baga mi ha riportato indietro di oltre mezzo secolo, alle elementari.
Prima e seconda le avevo sfangate in classe mista con la maestra Giacetti, scandite dalle prime insufficienze in condotta. Mi ostinavo, infatti, a scrivere con la sinistra, all'epoca colpa gravissima. Un peccato con il quale tuttora convivo.
La terza elementare era il secondo grado di iniziazione scolastica. Classe di soli maschi, maestro Charruaz, direi Adolfo, qualche anno prima partigiano a Cogne con mio padre. Con uno strappo alla regola (mai visto a scuola), il primo giorno papà mi accompagnò per affidarmi personalmente a lui: "Se non si comporta bene, drizzalo tu...".
La nostra classe, secondo piano lato nord, era adiacente a quella del maestro Baga, contigua a sua volta con quella del maestro Reich.
Vittima privilegiata del primo della classe che segnava sulla lavagna i nomi di chi faceva casino quando il maestro tardava ad arrivare, quotidianamente il mio nome campeggiava nitido, spesso seguito da più crocette di recidività. Charruaz arrivava, chiamava tutti i segnati sulla lavagna, impugnava il suo temutissimo righello e, in fila, mano a pigna, ti beccavi una prima tremenda "tecca" sulle dita, più una per ogni crocetta, con il supplemento di due ogni volta che riuscivi a ritirare la mano o ad attutire, abbassandola, l'impatto sulle unghie (un male bestia). Stesso trattamento se disturbavi la lezione, se tiravi le palline di carta assorbente intrise d'inchiostro, se scioglievi il gesso nel calamaio, se "schincavi" il pennino piantandolo nel banco, se lo incidevi artisticamente con un coltellino (banchi che oggi sarebbero roba da fiera di Sant'Orso) ecc.
La pedagogia del righello, insomma.
Unica variante, se lasciavi lì la mano con aria di sfida e aspettavi stoicamente quello che ti toccava, era la piegatura e schiacciamento del mignolo (di cui porto ancora le tracce) provocandoti dolore fino al cedimento delle gambe, malgrado avessi imparato presto a piegarle subito, a prescindere, in ossequio al principio del "prima cedo, prima molla".

Di questo modo d'insegnare ci guardavamo bene dal lamentarci in casa, onde evitare un round supplementare di punizione, magari aggravato dalle inclinazioni e specificità educative dei nostri vari genitori.
Va detto che queste simpatiche punizioni erano impartite dai maestri senza cattiveria, con metodo rigoroso e atteggiamento impersonale, salvo un'ombra di sadismo. Contribuivano non poco ad accorciare i tempi di apprendimento.
Scoprimmo presto che nelle altre classi le cose andavano diversamente. Il maestro Baga era, infatti, specializzato in "punte", ossia calci precisi, portati dal basso in alto, con la punta della scarpa, in quella ristretta zona che divide lo scarico del sistema emuntorio renale da quello intestinale, in pratica tra il pisello e il buco del sedere. Questa "punta" ti arrivava con precisione (ancora mi chiedo come facesse a non beccarti mai le palline) e faceva un male più bestia (dentro di te invocavi il righello). Aveva peraltro il pregio che ne bastava una sola.
Data l'amicizia che legava Baga a Charruaz, quest'ultimo, dopo un certo numero di righellate, capitolava: "Non vuoi capirla, vai da Baga, digli che ti mando io". Non ce n'era assolutamente bisogno: bussavi, entravi, Baga intuiva al volo, ti faceva avanzare verso la cattedra e con fulminante sapienza biomeccanica ti dava quello che ti veniva e ti rimandava nella tua classe. In corridoio deviazione ai cessi per bagnarti gli occhi con l'acqua fredda (nel lavandino...). Sparito l'arrossamento provocato dalle lacrime (mai dare soddisfazione...) te ne tornavi all'amato righello.
Il maestro Reich era invece specializzato in ceffoni ("ti gira la testa dall'altra parte", dicevano i suoi allievi). Mai potuto però assaggiarli, da lui Charruaz non ci mandava.
Per contro, c'insegnava religione un sacerdote (non usavano ancora i sindacalisti CGIL) specialista nella tecnica dell'agguato con chiave. Ne portava una enorme, legata ad una corda alla cintura. Faceva lezione girando tra i banchi e, arrivando da dietro, ti assestava una dolorosa ch..., oops..., botta sul dorso della mano, peggio quando era appoggiata sul banco (migliore effetto educativo).

In quinta elementare Charruaz si ammalò. Il diciannovenne maestro Squarzino, supplente, non picchiava. Grande fu all'inizio il nostro disorientamento. Accompagnò alla terza iniziazione, l'esame di ammissione alle medie, coloro tra noi che volevano continuare gli studi anziché iscriversi all'unico IPR dell'epoca, che chiamavamo "avviamento" e portava dritto al lavoro.
L'incapacità del maestro Squarzino di utilizzare gli strumenti educativi dei suoi tempi ebbe comunque il pregio di far sentire finalmente "normali" i nostri compagni buoni, quelli che non avevano conosciuto tecche, punte, ceffoni ecc. e che, per due anni, avevano sofferto sentendosi diversi ("perché a me non mi mena?"). Finalmente si sentirono uguali a noi, finalmente ci era stato tolto l'ingiusto privilegio di essere picchiati.

Mia sorella, che aveva la maestra Collé, subì invece solo l'obbligo di mettere i pattini in classe per non sporcare il pavimento.
Non si è mai ripresa.

Lo facevano per il nostro bene.