tra pochi minuti agorà chiude tutti gli account di posta.
Il mio era e.ottoz@agora.stm.it. Erano i primi anni '90. Cercavo di iniziare Vittorio Zambardino ai sacri misteri del Mac, Zamba mi introdusse ad agorà. Era l'ultima frontiera dei bbs, prima che irrompessero Mosaic e Netscape.
I modem arrancavano, 1200 baud sembravano il paradiso, l'orecchio esercitato capiva dal fischio che si rompeva quando la negoziazione andava a buon fine e si riusciva ad entrare, ad "agganciare". Agorà, un'intuizione dei compagni radicali. Si chiamavano conferenze, erano i protoforum, ci trovavi di tutto, incazzati, arroganti, tifosi, curiosi, critici, insanguati, ma tutti liberi e intelligenti.
Ecco, agorà era il luogo della libertà e dell'intelligenza che non si lasciano fottere dal politically correct.
Il tutto fu poi venduto, ci tolsero l'stm, in molti conservammo l'indirizzo, più per salvare un simbolo che per una reale utilità: @agora.it, un distintivo, un segnale di riconoscimento. Molti amici sono rimasti, l'intelligenza non scade.
A molti di noi facebook ha dato asilo su Agorà - io c'ero, ma chi non ha salvato su altri account lo storico delle sue email scritte e ricevute su agorà le perderà per sempre.
La carta e la penna si prendono la loro rivincita. Il virtuale non è virtuoso.
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