PRENDRE PARTOUT
METTRE CHEZ-NOUS
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1 aprile 2009

affettuosa nostalgia dei pedagoghi d'antan
(lo facevano per il nostro bene)

Qualche giorno fa, la notizia della morte del maestro Bortolo Baga mi ha riportato indietro di oltre mezzo secolo, alle elementari.
Prima e seconda le avevo sfangate in classe mista con la maestra Giacetti, scandite dalle prime insufficienze in condotta. Mi ostinavo, infatti, a scrivere con la sinistra, all'epoca colpa gravissima. Un peccato con il quale tuttora convivo.
La terza elementare era il secondo grado di iniziazione scolastica. Classe di soli maschi, maestro Charruaz, direi Adolfo, qualche anno prima partigiano a Cogne con mio padre. Con uno strappo alla regola (mai visto a scuola), il primo giorno papà mi accompagnò per affidarmi personalmente a lui: "Se non si comporta bene, drizzalo tu...".
La nostra classe, secondo piano lato nord, era adiacente a quella del maestro Baga, contigua a sua volta con quella del maestro Reich.
Vittima privilegiata del primo della classe che segnava sulla lavagna i nomi di chi faceva casino quando il maestro tardava ad arrivare, quotidianamente il mio nome campeggiava nitido, spesso seguito da più crocette di recidività. Charruaz arrivava, chiamava tutti i segnati sulla lavagna, impugnava il suo temutissimo righello e, in fila, mano a pigna, ti beccavi una prima tremenda "tecca" sulle dita, più una per ogni crocetta, con il supplemento di due ogni volta che riuscivi a ritirare la mano o ad attutire, abbassandola, l'impatto sulle unghie (un male bestia). Stesso trattamento se disturbavi la lezione, se tiravi le palline di carta assorbente intrise d'inchiostro, se scioglievi il gesso nel calamaio, se "schincavi" il pennino piantandolo nel banco, se lo incidevi artisticamente con un coltellino (banchi che oggi sarebbero roba da fiera di Sant'Orso) ecc.
La pedagogia del righello, insomma.
Unica variante, se lasciavi lì la mano con aria di sfida e aspettavi stoicamente quello che ti toccava, era la piegatura e schiacciamento del mignolo (di cui porto ancora le tracce) provocandoti dolore fino al cedimento delle gambe, malgrado avessi imparato presto a piegarle subito, a prescindere, in ossequio al principio del "prima cedo, prima molla".

Di questo modo d'insegnare ci guardavamo bene dal lamentarci in casa, onde evitare un round supplementare di punizione, magari aggravato dalle inclinazioni e specificità educative dei nostri vari genitori.
Va detto che queste simpatiche punizioni erano impartite dai maestri senza cattiveria, con metodo rigoroso e atteggiamento impersonale, salvo un'ombra di sadismo. Contribuivano non poco ad accorciare i tempi di apprendimento.
Scoprimmo presto che nelle altre classi le cose andavano diversamente. Il maestro Baga era, infatti, specializzato in "punte", ossia calci precisi, portati dal basso in alto, con la punta della scarpa, in quella ristretta zona che divide lo scarico del sistema emuntorio renale da quello intestinale, in pratica tra il pisello e il buco del sedere. Questa "punta" ti arrivava con precisione (ancora mi chiedo come facesse a non beccarti mai le palline) e faceva un male più bestia (dentro di te invocavi il righello). Aveva peraltro il pregio che ne bastava una sola.
Data l'amicizia che legava Baga a Charruaz, quest'ultimo, dopo un certo numero di righellate, capitolava: "Non vuoi capirla, vai da Baga, digli che ti mando io". Non ce n'era assolutamente bisogno: bussavi, entravi, Baga intuiva al volo, ti faceva avanzare verso la cattedra e con fulminante sapienza biomeccanica ti dava quello che ti veniva e ti rimandava nella tua classe. In corridoio deviazione ai cessi per bagnarti gli occhi con l'acqua fredda (nel lavandino...). Sparito l'arrossamento provocato dalle lacrime (mai dare soddisfazione...) te ne tornavi all'amato righello.
Il maestro Reich era invece specializzato in ceffoni ("ti gira la testa dall'altra parte", dicevano i suoi allievi). Mai potuto però assaggiarli, da lui Charruaz non ci mandava.
Per contro, c'insegnava religione un sacerdote (non usavano ancora i sindacalisti CGIL) specialista nella tecnica dell'agguato con chiave. Ne portava una enorme, legata ad una corda alla cintura. Faceva lezione girando tra i banchi e, arrivando da dietro, ti assestava una dolorosa ch..., oops..., botta sul dorso della mano, peggio quando era appoggiata sul banco (migliore effetto educativo).

In quinta elementare Charruaz si ammalò. Il diciannovenne maestro Squarzino, supplente, non picchiava. Grande fu all'inizio il nostro disorientamento. Accompagnò alla terza iniziazione, l'esame di ammissione alle medie, coloro tra noi che volevano continuare gli studi anziché iscriversi all'unico IPR dell'epoca, che chiamavamo "avviamento" e portava dritto al lavoro.
L'incapacità del maestro Squarzino di utilizzare gli strumenti educativi dei suoi tempi ebbe comunque il pregio di far sentire finalmente "normali" i nostri compagni buoni, quelli che non avevano conosciuto tecche, punte, ceffoni ecc. e che, per due anni, avevano sofferto sentendosi diversi ("perché a me non mi mena?"). Finalmente si sentirono uguali a noi, finalmente ci era stato tolto l'ingiusto privilegio di essere picchiati.

Mia sorella, che aveva la maestra Collé, subì invece solo l'obbligo di mettere i pattini in classe per non sporcare il pavimento.
Non si è mai ripresa.

Lo facevano per il nostro bene.

18 commenti:

  1. I buoni maestri si ricordano sempre volentieri ed io ricordo il mio, il maestro Audisio Da Praz, di quinta elementare. Arrivavo da anni scolastici disastrosi, passati in un carcere collegio dove la maestra, della quale non ricordo il nome, mi massaggiava le spalle con il suo bastone; per sua sfortuna era obbligata a quell’ausilio e per sfortuna dei suoi allievi lo usava al posto del righello. Forse il mio era un caso disperato. Troppo sotto la media per recepire gli insegnamenti, figuriamoci le botte.
    Il maestro Da Praz m’ha raddrizzato ascoltandomi, incantandomi, coinvolgendomi senza mai sfiorarmi. Se lo avessi avuto fin dalla prima elementare…!

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  2. Il maestro Reich, del quale ero un cocco, mi diede una volta sola uno schiaffone, arrivando silenzioso da dietro e colpendo sul coppino con precisione e forza. Lo ricordo con affetto. Non so se altri miei sfortunati compagni, che le prendevano molto più spesso e con molta più forza, abbiano lo stesso affettuoso ricordo. Però noi ci ritenevamo fortunati rispetto agli alunni del "Maestro Baga" (veniva sempre chiamato così); l'umiliazione provocata dai suoi schiaffoni passava in fretta, molto più dei calci.

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  3. Due domande:
    1) mano a pigna: immaginavo significasse "mano chiuse a pugno", ma poi parli di "impatto sulle unghie". Quindi?
    2) a che pro sciogliere il gesso nel calamaio? Che ne facevate della poltiglia?

    Come cambiano in fretta i tempi. Una generazione dopo, la mia maestra (nonché le colleghe delle classi accanto) non usava "attrezzi", bensì le sole mani.

    Una generazione dopo, la madre di un compagno di mio figlio (seconda elementare) ha chiamato infuriata la direttrice perché suo figlio "torna stanchissimo dalla lezione di nuoto in piscina"!

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  4. quando il maestro ordinava "mano a pigna" tendevamo il braccio in avanti, giravamo il palmo verso l'alto e univamo tutte le dita "a cestino". Non so se sia corretto, ma così era...
    Il gesso nell'inchiostro andava dalla pura curisosità di sperimentazione alla creazione di una poltiglia che permetteva alle palline di carta assorbente di poter essere lanciate più lontano. Non secondaria, probabilmente, una sana quanto banale volontà di far danni, che so, intasare i calamai, far finire i gessetti, fare un dispetto al maestro. Boh... non scomoderei troppo la razionalità.

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  5. ...e una generazione dopo si è tolto la vita il papà di uahlim...

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  6. E adesso i 14enni entrano in classe con il cellulare e all'invito del prof a consegnarlo perchè disturba la risposta è stata:"vienimelo a prendere".

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  7. incompleto.
    "vienimelo a prendere, se hai il coraggio, stronzo!"

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  8. variante per insegnanti di sesso femminile:
    "vienimelo a prendere, se hai il coraggio, troia!"

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  9. Io non ho avuto,purtroppo o visto come vanno le cose,per fortuna,dei figli ma una cosa bisogna comunque drla. La mia generazione,tra 40 e 50 anni, ha completamente fallito nel "mestiere" di genitore.Se ci sono in giro questi animali, privi di qualsiasi rispetto del prossimo,delle regole minime di comportamento la colpa è solo nostra. E' ora di ricominciare a mollare qualche sano schiaffone.

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  10. e il buon esempio?
    Che ne direste, se i genitori utilizzarero il simpatico vecchio buon esempio?

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  11. Eddy,la buona metà dei genitori sono separati...

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  12. le generazioni allevate a schiaffoni sono quelle che hanno fatto le due ultime guerre mondiali!

    Mi sembra che il buon esempio, citato da Eddy, sia il vero unico metodo solo che è latitante.

    Difficile educare mentre si guarda la TV!

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  13. Lo schiaffo di Anagni non fece scoppiare alcuna guerra.
    La seconda guerra mondiale è stata il seguito della prima, riacceso da due cause:

    1 - un trattato di pace che faceva cagare
    2 - la crisi del 1929

    Ricordo (l'ho già scritto qui) che, con tutto quanto si dice oggi sull'efficacia delle politiche di Keynes (che resta un grande economista, intendiamoci), chiamato nel 1932 da Roosevelt negli USA, nel 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, i disoccupati negli States erano gli stessi che nel 1932, e solo lo scoppio della guerra permise di rimettere in moto l'economia. E' triste, ma è storia.
    Quella degli schiaffoni, che non c'entrano nulla, è una simpatica teoria tardo-rousseauviana "à la" Montessori-Spock. La Montessori morì prima di rimangiarsela, mentre per fortuna Spock, come a sua tempo prima di lui Jean Jacques Rousseau, rinsavì in età matura.
    Consiglio a tutti la lettura di "The nurture assumption" di Elizabeth Harrys. Non parla di Rousseau, Montessori o Spock, non spaventatevi, ma sfata una montagna di luoghi comuni sull'odierna educazione dei figli.

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  14. sah sah sah prova prova (3° tentativo di commento)
    Priscilla

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  15. Buongiorno.
    Sono figlia di genitori del 1944 e sono madre di una "gina" di 15 anni.
    I miei sono cresciuti a legnate, in casa, in collegio, a scuola.
    A loro volta hanno cresciuto mio fratello e me a suon di sberloni, cicli infiniti di battipanni sulle gambe, castighi, in quanto "i bambini capiscono solo le botte".
    A me pare che tutte queste mazzate prese e date, non abbiano giovato a nessuno.
    Quelli della loro generazione sono ancora lì che girano in tondo tipo pesce rosso nella boccia, vittime della loro stessa ipocrisia. Inopportuni, invadenti, invidiosi di chi è riuscito, gongolanti per chi ha fallito, troppo vigliacchi per osare, campano in funzione di quello che può dire la gente, pretendono un rispetto che non hanno dato e non hanno insegnato.
    Mai un consiglio, nessun interesse, zero partecipazione; solo regole preimpostate. Maestri e catechisti delegati all'istruzione della mente e dell'anima, nessuno a insegnarti a vivere (il loro alibi è che nessuno lo ha insegnato a loro).
    Mio marito ed io non abbiamo mai avuto dubbi sull'educazione della nostra cucciola: darle quello che è mancato a noi, in primis l'attenzione in tutte le sue forme. Lo smarrimento e il senso d'abbandono sono le sensazioni che più collego alla nostra infanzia.
    Mia figlia non ha mai preso uno schiaffo, eppure è una ragazzotta sana, che si smazza 2 ore di treno al giorno per fare con profitto 40 ore di scuola a settimana a 50 km da casa. È matura, responsabile, rispetta le regole e ubbidisce anche senza botte. In casa si discute, si dibatte, si mettono paletti e si concedono strappi, ma non si raccontano MAI bugie; affetto e sorveglianza non sono in discussione!
    I frutti? Una quindicenne che sa valutare, che si fida di noi, che chiede ma non pretende, che dà spontaneamente, affamata di input. La sua prof l'ha definita "allegra ma non sciocca".
    Lei considera "tana" la sua casa, l'unico posto dove si può "svaccare"...(A me veniva il vomito quando dovevo rientrare a casa dai miei!)
    Baci, Priscilla

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  16. Condivido al mille per cento quel che scrivi, Eddy, sia sulle cause delle guerre mondiali, sia sul trio delle meraviglie Rousseau-Montessori-Spock.
    Quello che mi immalinconisce, purtroppo è che i danni provocati da costoro sono irrimediabili, come quando si rovescia il latte per terra.
    Cercare di marciare controcorrente, oggi, sarebbe impossibile o difficilissimo per chiunque, genitore o docente o pedagogo che fosse.
    Gli costerebbe una conflittualità centuplicata col figlio o con l'allievo. I bambini assoggettati a severità simili a quelle di 50 anni fa si sentirebbero fortificati dalla compassione generale e sarebbero sinceramente convinti di patire un'ingiustizia pazzesca, intollerabile, rispetto a quanto sanno accadere nelle altre scuole e nelle altre famiglie.
    Questo pedagogo "neo-severo" andrebbe incontro a polemiche mediatiche, conseguenze legali, conflitti sociali, isolamento civile... e rischierebbe conclusioni anche tragiche come quella del padre di Uahlim e di Uahlim stesso.
    Manlio

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  17. Salve, io sono il nipote del maestro Baga ed è stata dura esserlo per 42 anni.Da tre anni oramai da nipote ero diventato suo figlio, e a tre mesi da figlio ero diventato suo padre.Non so se i suoi metodi fossero giusti o sbagliati ma sono sicuro che è sempre stato una persona onesta e così decisa che non si è mai dovuto piegare a nessuno nella sua vita.Il 24 aprile di venerdì alle ore 1830 presso la cattedrale ci sarà la sua messa di suffragio perchè è andato via da Aosta e non è più tornato nella città che era stata la sua città per più di settantanni.Mi piacerebbe salutare con una stretta di mano le persone che lo hanno conosciuto, perchè lui era quello che appariva.mike

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