PRENDRE PARTOUT
METTRE CHEZ-NOUS
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23 febbraio 2007

Governabilità, governabilità, mi sfuggi...





La distinzione tra dittatura e democrazia sta soprattutto nel fatto che la prima è il governo di una minoranza, mentre la seconda è il governo delle minoranze.

(Robert Dahl, A preface to democratic theory)

Il diavolo veste Prodi

Giunti al termine delle consultazioni del presidente Napolitano, l'unica cosa certa è la conferma del vecchio adagio: in Italia una crisi si sa come si apre, ma non si sa mai come andrà a finire. Certa parrebbe ormai solo la notizia che sono esaurite le scorte di Imodium in tutte le farmacie della sinistra radicale che, dicendola alla toscana, si sta cacando sotto. Sempre il fattore C, ma con ben diverso significato, anche se sempre in zona.
Disposti ad accettare tutto, pur di scongiurare la verifica della volontà degli elettori, per scoprire magari che il Paese non ha gradito. Pronti a inghiottire i dodici impegni programmatici sui quali non si discuterà più (sic!), pur di non rischiare che il Governo passi a chi ha (oggi) la maggioranza del consenso degli italiani. E' suggestivo che tra i dodici punti ci siano alcuni argomentini pepati (non ultimi pensioni, Tav, Afghanistan...) sui quali, passata la paura e ridata la fiducia al parroco di Palazzo Chigi, i ribelli, in linea con la nota sindrome da tunnel, non potranno non rialzare il capo. E buttarlo giù dalla finestra.
Soprattutto dopo aver dovuto rinunciare ai Dico, vezzoso quanto pudico nomignolo dei Pacs, sui quali è calata la mannaia della Pax, ma non quella dei paxcifisti...
Su tutto incombe però la condizione, pretesa dall'inquilino del Colle, che ci siano i numeri al Senato, e che facciano almeno 162.
Pierferdi ha compreso in extremis che da due anni ormai viaggiava con il navigatore satellitare taroccato e ha fatto marcia indietro. Ora è per il governissimo istituzionale, guidato da un premier autorevole che sappia interpretare le esigenze e i desideri di entrambi i versanti. Non essendosi dichiarato disponibile Tiresia, rimane solo Vladimir Luxuria, l'unico al quale siano aperte le porte di entrambi i servizi deviati.
In violenta crisi di astinenza da maggioranza, Follettini sarebbe disponibile a tutto, ma un tormento lo assilla: presentarsi all'incasso oggi sarebbe un buon investimento o porrebbe le basi della rovina di domani?
Nel frattempo il centrosinistra non molla. Pencola tra non è successo niente e non ci hanno compresi. Tra non è passato il messaggio e la gente non ha capito l'alleanza. Tradotti nella lingua di Voltaire, concetti che l'11 aprile abbiamo sentito anche qui in Valle. L'importante è che, se alla fine le cose non gli andranno bene, Prodi non rivendichi la presidenza della CVA.
Il centrosinistra dunque non molla, Prodi über alles, ma non vuole essere mollato dalla sinistra estrema, allergica ad innesti di ulteriori ceppi ex-diccì. E' stato perciò modificato il calendario venatorio e si è aperta alla caccia al singolo senatore. Cannocchiale, superamento delle paline, esemplari giovani, femmine gravide, tutto permesso. Catturata, la preda fa richieste sottobanco? Parliamone.
Per la prima volta Napolitano ha effettuato consultazioni allargate con tutti i partiti. Salvo Renouveau. Convocando lui solo, e non anche il suo segretario politico, il Presidente ha commesso uno sgarbo nei confronti di Carlo Perrin e della Valle tutta. Un bieco attentato all'autonomia.
Per protestare contro l'atteggiamento del capo dello Stato, unica tra tutti i partiti, la Stella Alpina non ha ancora sciolto la riserva. Chiede che, prima di rimandare il governo alle camere, sia portata a termine la verifica di maggioranza in Regione. In ogni caso sarà in grado di definire la propria posizione solo dopo che la Fédération avrà rinunciato all'ostruzionismo al Comune di Aosta (la Roma della Alpi, appunto) ammettendo che c'è stata la verifica che non c'è stata perché tanto era meglio che ci fosse per cui facciamo finta che si sia stata. A Roma, come in Valle, la situazione si sta evolvendo.
Napolitano si è ficcato in un bel ginepraio.

22 febbraio 2007

vantaggi dell'autonomia






A Roma il Governo non aveva ancora deciso se congelare le pensioni, in Valle da anni congelavamo i pensionati.

21 febbraio 2007

Déjà vu

Mentre ad Aosta il Consiglio regionale dipana l'intricata matassa del rapporto sull'Osservatorio per le politiche sociali, a Roma Romano Prodi si dimette.
Sparta non ride.

Chi non ruba per sé, ruba per due o tre?

Revival di tangentopoli ieri sera nel salotto di Porta a Porta. Tra gli altri Di Pietro, Giovanardi, Stefania Craxi, Primo Greganti, la figlia del suicida Moroni. Continuano gli sforzi di rilettura del recente passato. Chi ancora cazzuto, chi convertito ai giustificazionisti, su tutto il profumo della trita telenovela de la colpa è del sistema, i costi della politica, rubare per il partito non è peccato ecc.
Ho sempre pensato, e ne sono tuttora convinto, che rubare per il partito sia lungi dall'essere un'attenuante, anzi.
Un ladro che ruba per sé è un ladro. Compie un reato grave contro la proprietà, va beccato, perseguito e punito duramente.
Chi ruba per il partito fa però qualcosa di assai più grave: oltre a rubare mina alla base il funzionamento della democrazia, rompe il sistema delle regole, procura un illecito vantaggio al suo partito innescando una spirale perversa in forza della quale chi ha più potere può procurarsi più soldi per rafforzare ulteriormente il suo potere, e procurarsi ancora più soldi, più potere, più soldi e così via fino a costruire un regime, soffocare la democrazia e fare scempio delle regole. La forza del denaro che soffoca la forza delle idee, nutrendo la risposta violenta nella palude primordiale.
Rubare per sé è egoismo delinquenziale, rubare per il partito, è un attentato alla democrazia. L'eventuale buona fede dell'aspirante Robin Hood ci dà addirittura la misura dell'astigmatismo morale del quale soffre la nostra società.
O no?
Ancora di astigmatismo morale potremmo parlare un'altra volta chiedendoci se la corruzione pura possa esistere e non sia invece in ogni caso l'altra guancia della concussione.

20 febbraio 2007

E io pago...


E' di ieri la notizia di un Comune, in provincia di Pisa, dove un autovelox rende più delle tasse comunali. La Gazzetta dello Sport di oggi scopre questo tema, già indirettamente affrontato qui nel blog a proposito della proliferazione delle zone blu in Aosta (cliccando sulla foto sopra potete leggere l'articolo).
La domanda non è peregrina: i Comuni considerano le multe una forma di prevenzione o una lucrosa fonte per rimpinguare le loro casse?
Le multe dovrebbero essere una sopravvenienza attiva del bilancio, ossia dovrebbero tendere a zero (ciò significherebbe, infatti, che i cittadini non commettono più infrazioni). Pare invece che siano un cespite strutturale, un business, e che si faccia di tutto per appiopparcene sempre di più. Tra un po', dopo il city manager e l'energy manager, il Comune si doterà di un multa manager.
A meno che non ce l'abbia già. La sigla APS vi suggerisce qualcosa?
Commenti?

16 febbraio 2007

Far girare i soldi

Continua a ronzarmi in testa quanto ho sentito in Mali sul funzionamento degli aiuti al terzo mondo, quelli che spesso servono a tranquillizzare la nostra coscienza. La sintetica conclusione è che purtroppo in molti casi si tratta di prendere i soldi dei poveri dei paesi ricchi per inviarli ai ricchi dei paesi poveri in modo che sfruttando i poveri dei paesi poveri li facciano rientrare nelle casse dei ricchi dei paesi ricchi.

15 febbraio 2007

prossimi sondaggi

Sono pendenti una proposta di sondaggio sull'effetto del peso della Regione sulla socioeconomia locale (La Regione produce figli virtuosi o figli viziosi?) e una sugli emolumenti dei consiglieri regionali (Sono vergognosi o no?). Ci sono già quattro sondaggi in linea, questi nuovi saranno oggetto della prossima tornata.

12 febbraio 2007

Finché c'è Autan c'è speranza

Tanto per cominciare passi una ventina di giorni a spararti tutti i vaccini possibili e immaginabili, dall'epatite al tifo, dal colera al tetano, scampando solo a quello contro la meningite, ritenuto inutile per chi non corre rischi per mancanza dell'organo bersaglio. Il tutto condito da profilassi antimalarica. In ogni caso rigorosamente senza ticket. Poi, mercoledì 7 e giovedì 8 consiglio regionale. Si parte a metà seduta dell'8: fai appena in tempo a votare sulla mozione relativa alle cariche di Finaosta e ti tocca subito lasciare l'aula dei franchi tiratori per andare a prendere l'aereo per Bamako (Mali), entrando di diritto tra coloro che qualcuno, maliziosamente, chiama i franchi viaggiatori.
L'appuntamento è questa volta con la Troisième Rencontre Internationale des Régions Francophones, organizzata dall'AIRF (Association Internationale des Régions Francophones), che si penchera sul tema Entreprendre en Francophonie.
La sessione dedicata alle Conditions du développement local sarà presieduta da Luciano Caveri.
I temi sono tutti interessanti. Affascinante quello sulle Infrastructures numériques, illustrato con rigueur cartésienne da Louise Lassonde. Illuminante quanto (purtroppo) esilarante quello sul commerce équitable grazie all'esposizione del laotiano Sengdao Vangkeosay, imprigionato a suo tempo dai colleghi comunisti perché troppo liberale, considerato oggi troppo a sinistra da quando i suoi ex-colleghi comunisti l'hanno scavalcato a destra (e vittima di due bombe sulla sua auto), ma sempre fedele alla ricerca della società civile nella giungla di montagna. Sconfortante l'appello per la Santé di Youssouf Issabré, che illustra un quadro desolante dello stato sanitario del paese.
Durante la colazione di lavoro un'esaustiva presentazione a dieci mani dell'universo della microfinanza. Dai micro-prestiti alla raccolta del micro-risparmio, fino alle micro-assicurazioni. Tutto micro salvo i tassi, contrariamente a quanto pensano e/o propagandano nei paesi occidentali i duri e puri dell'universo equo e solidale. Il 2% al mese accontenterebbe anche i boss di Secondigliano. Alle obiezioni gli enti erogatori rispondono con una massima di Catalano: più conveniente il 25% che l'85%. Neppure Monsieur de La Palisse avrebbe saputo dirlo meglio.
Pomeriggio dedicato alle tecniche del finanziamento al credito per l'agricoltura, e in seguito ai problemi dell'alimentazione. Si chiude con il Forum des Régions e l'adesione all'AIRF di una ventina di nuove regioni, tutte quelle del vicino Burkina Faso più altre in vari paesi.
Bamako, la capitale del Mali, è un'immensa periferia marrone. Sabbia, case, capanne, tende, tettoie, una sinfonia di marroni, ton sur ton. Il Niger, il grande fiume che l'attraversa e la taglia, dà vita e cibo. E' già enorme qui, dove è quasi appena nato, per diventarlo ancor di più 1500 km a valle quando entra nello stato al quale dà il nome, il Niger, appunto, e finire in ultimo, gigantesco, in Nigeria.
Si scopre subito che per noi la scelta vincente sarebbe stata Vodafone o Tim, poiché chi, come il sottoscritto, ha H3G, rimane isolato dal mondo e piomba in crisi da astinenza da telefonino. Figuriamoci internet. Il business Center dell'albergo vende sì, banda e connessione, ma alle ore più strane, di solito quando non ti serve, e cambiando continuamente orario. In sostanza è sempre aperto, salvo quando ci vai tu.
Prima di cena cocktail in giardino. Gli unti sono gli europei e i canadesi, ma non per messianica predestinazione, nulla di mistico. E' solo l'effetto di spray e pomate anti-zanzara. Il rischio paludisme si concentra infatti dal tramonto all'alba. Al termine dîner libre, domani si va a Tombouktou (i pozzi di Bouktou), crocevia delle carovane Touareg, città dei 333 santi marabout, la porta sul Sahel.
Si parte alle 6,45: grande accoglienza all'aeroporto: il presidente della 6° regione del Mali, il Governatore e il sindaco di Tombouctou. Tutti i notabili in pista, in fila a stringere la mano agli ospiti à la basket. Spettacolo folkloristico con canti inneggianti all'eroico Presidente della Repubblica Amadou Toumani Touré, e poi tutti, con carovana di toyotone 4x4, alla sede del Consiglio regionale di Timbouktou, a dire il vero molto più modesto del nostro.
Nel patio, sotto un portico, gigantografie di tutti i consiglieri regionali (gli abitanti non hanno la televisione e vengono qui per vedere in effigie i loro governanti). Sabbia più fine, vento che te la infila dappertutto, e colore nocciola più chiaro che a Bamako, rotto però dai colori vivaci dei boubou e dei turbanti. Splendido il blu, distintivo dei touareg.
Discorsi di circostanza, presentazione dei due grandi progetti della regione: il Système Fabiguine, un canale di 18km per ricollegare il Niger a Tomboutkou e ai laghi che stanno scomparendo, e con essi l'agricoltura e la vita, e uno studio per il lancio turistico della regione. Riparte la carovana nel deserto, per farci ispezionare i lavori di scavo del canale, opera dei libici.
E poi via al centro intitolato ad Ahmed Baba, famoso marabout del 16° secolo, dove oltre 25.000 preziosi volumi sfidano il tempo grazie al clima secco del deserto, accuditi e restaurati da specialisti formati nelle università islamiche.
Non ci facciamo mancare nulla: è la volta della visita alla moschea, e poi tutti alla Maison des artisans, sorta di Chambre de Commerce locale, florilegio di tutte le attività, dai tessitori ai forgerons, dai fabbricanti di coltelli a quelli di gioielli, di tutto un po'. Ci accoglie il presidente, lo sceicco Djen Es Tron, che in arabo significa l'immarcescibile. Attorno alla Chambre il mercato, spazzato dalla sabbia, che ricopre tutto il paese e impedisce di distinguere l'età delle cose e delle case.
La visita si conclude con un banchetto nel deserto (altra carovana di 4x4), in mezzo ai Touareg, ospiti di Oumarou Ag Mohamed Ibrahim, Président du Haut Conseil des Collectivités Territoriales du Mali et Ancien Président de l'Assemblée Régionale de Tombouctou, nonché Trésorier général de l'AIRF.
Sontuoso cammello arrosto, con montone al suo interno, entro cui sta un pollo, e nel pollo un piccione, dentro al quale sta un uovo. La matrioska della cucina Touareg, insomma. Accompagnamento di musica dei nomadi, giro in cammello per chi vuole e, infine, tutti all'aeroporto ad imbarcarci sull'uccello di acciaio. Tout nouveau tout beau, ma troppo breve, giusto un assaggio per farti venire voglia di tornare. La prossima volta, però, con calma.

7 febbraio 2007

Vergogna! (e ti pareva?)

Scattata l'operazione perdonismo.
Alcuni titoli su La Stampa di oggi, a meno di cinque giorni dall'omicidio di Filippo Raciti:
Il calcio si ribella ad Amato (prima pagina). Il solo titolo conferma il sospetto che il calcio dà gli ordini, l'Italia obbedisce non sia solo il Matarrese-pensiero, ma il calcio-pensiero tutto.
Queste norme ci dissanguano (pag. 8). Quasi che le campagne acquisti le società le facciano con i soldi del Monopoli (ho proposto in Giunta Coni a Roma che una percentuale del bilancio delle società di calcio sia destinata obbligatoriamente alla gestione della sicurezza).
Quanto costa ogni giornata di stop (pag. 8). Della serie un po' di terrorismo economico non guasta.
Chiudere gli stadi è roba da fascisti (pag. 9). Questa è di Aurelio De Laurentiis, che ha anche affermato, ripreso da radio e televisioni "chiederemo i danni allo Stato". Meraviglioso: anche le persone più intelligenti, quando sono possedute dal dio calcio, sbarellano.
I padroni ingordi già (s)vestiti a lutto (pag. 9). Un altro apprezzabilissimo articolo di Mattia Feltri (uno dei pochi giornalisti equilibrati in tutta questa disgraziata vicenda). Lo raccomando.

5 febbraio 2007

Edificanti esempi per i nostri giovani

Questo è il paese in cui tutti sono contro il doping, ma, appena qualcuno è trovato positivo, t'inventano che, non trovando le sue scarpe da basket, ne aveva preso nell'armadio un vecchio paio, di quando anni fa, per curarsi il piede d'atleta, aveva usato una pomata cicatrizzante che conteneva, guarda un po', nandrolone. Tra caldo e sudore il vecchio cuoio si era rivitalizzato, cedendo una o due molecole della maledetta pomata. Sfiga volle che proprio quella molecola malandrina s'intruppasse nel gascromatografo, facendo risultare positivo il poverino. Risultato, è ovvio: innocente. Assolto.
Questo è il paese che condanna il doping, poi erige statue e intesta vie a Marco Pantani, che dopo un'onorata epocarriera, morì infine strafatto di coca. Questo è il paese in cui proprio la Rai, la tv di stato, di servizio, di educazione, di formazione, investe i nostri soldi del canone per dedicargli un film.
Questo è il paese che sostiene di lottare contro il consumo e lo spaccio di stupefacenti, mentre gli stessi giornali sportivi che tuonano contro la droga pubblicano e vendono una serie di dvd che santificano Maradona. Chapeau.
Questo è il paese che durante i funerali di Filippo Raciti sta già mugugnando perché the show must go on, dove lo "zio Tonino" Matarrese, presidente della lega di quelle società da sempre conniventi con gli ultrà, ha dichiarato sin da subito che il campionato non si deve fermare perché sulle squadre ci sono imprenditori che investono. Questo è il paese dove lo stesso zio Tonino si offende perché il governo consulta solo il Coni e la Federcalcio, e non lui, con l'arroganza di chi pensa che nella Costituzione stia scritto che l'Italia e il suo governo obbediscono alla Lega calcio e non viceversa.
Questo è il paese dove gli ultrà pregiudicati, arrestati, liberati e diffidati, vengono ricevuti in parlamento dagli onorevoli della lobby trasversale destracentrosinistrasiamotuttitifosidiosanto.
Sono questi gli esempi che che lo sport deve dare ai nostri figli?
Questi i valori di chi dedica le vie a Pantani, pubblica i dvd di Maradona, di chi sfrutta la propria posizione in parlamento per annacquare, trasformandole in innocua 'mmuína, le norme necessarie per prevenire questa vergogna?
Leggete con grande attenzione l'articolo di Mattia Feltri a pag. 9 de La Stampa di ieri (4 febbraio), completo di non e cognon.
E' questo che vogliamo? Eccheca...lcio!

Alle origini

Blog è l'abbreviazione di web-log, diario sul web, e ogni tanto diario sia. Ieri, durante la feta di pansards, valzer di sms da Roma: Giunta straordinaria urgente lunedì ore 14.30, mezz'ora dopo Giunta anticipata ad ore 11.00, e infine, poco dopo Giunta ore 11.00 non lunedì ma domani domenica. Così stamane sveglia alle quattro, a Caselle alle sei meno un quarto, a Fiumicino alle otto, al Coni alle nove per la riunione informale, dalle undici all'una Giunta - ho apprezzato l'equilibrio e la sincerità di Gigi Riva -, poi conferenza stampa, corsa nel traffico all'aeroporto, alle cinque e mezza finalmente a casa. La prima Giunta domenicale della storia del Coni. Una bella giornata.

3 febbraio 2007

2007, fuga da Catania

Smettiamo di scandalizzarci ogni volta dinanzi ad insensate tragedie come questa, per diluire subito dopo le responsabilità spalmandole su tutto il mondo sportivo italiano, blaterando di mancanza di cultura delle regole. Smettiamo di sparare nel mucchio con discorsi sui massimi sistemi, facendo a gara per scusare alla fine il calcio. E’ ora di dire chiaramente che il problema sta proprio qui, nel calcio, non nel resto dello sport. Purtroppo, il calcio ritiene di essere fuori di ogni regola, di godere di una sorta d’investitura divina, di salvacondotto universale, di essere superiore alla comune morale e alle leggi dello Stato, comprese quelle fiscali. Se non si parte da questa considerazione per intervenire, tutto sarà inutile. Guardiamoci negli occhi: il calcio è malato, non è vero che sia lo specchio della società, risparmiamoci i soliti bla bla bla, che servono solo ad attribuire le colpe altrove, coinvolgendo anche gli altri sport. Smettiamola con il tutti colpevoli e perciò tutti innocenti. E’ inaccettabile. E’ il calcio ad essere malato, le parti in cancrena siano amputate, prima che infettino irrimediabilmente gli altri sport.
Ogni domenica, oltre 20.000 rappresentanti delle forze dell’ordine, pagati dallo Stato e non dalle squadre, presidiano gli stadi con l’assurdo compito di prevenire sistematici comportamenti delinquenziali organizzati da sedicenti tifosi. Oltre 20.000: una follia che tutti i cittadini pagano con le tasse, i poliziotti con la vita, le loro famiglie con un dolore del quale nessuno le ripagherà mai.
Perché? Per una partita di pallone.
Basta.

1 febbraio 2007

Tra due fuochi

Sto vivendo un fantastico trip: la migrazione da Telecom a Fastweb. Tra quello che non c'è più, quello che non c'è ancora, quello che dovrebbe esserci, interruzioni, malfunzionamenti iniziali, call center, tutto il bazar. Per ora sto godendo del peggio dei due sistemi. Abbiate pazienza. Tornerò.